Mr. Football
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"Lo chiamavano l'Imperatore Etiope per la sua lenta, sovrana eleganza. Calmo il passo e svelto il pensiero, e un perfetto lancio di cinquanta metri sul piede di Vavà, o del ragazzino. La sua specialità era la 'foglia morta', il calcio di punizione con palla planante che in Italia venne poi brevettato da Corso. Didi, quel tiro, se l'era inventato per forza, poco più che bambino, quando un grave incidente al piede destro gli aveva insegnato a ruotare quel suo attrezzo corporeo, a torcerlo in modo assurdo e sinuoso per produrre un attrito e un effetto mai visti prima.
Se ne intendeva, di piedi, Waldir Pereira detto Didi: lustrascarpe a Copacabana, poi calciatore precocissimo (esordio a diciotto anni nel Club Americano) e una carriera svelta come le azioni che lui innescava. Fluminense, Botafogo, nazionale. Due Coppe Rimet, '58 e '62, quattro titoli carioca, un tentativo spagnolo nel leggendario Real Madrid dove il faraone Di Stefano non accettava ombre, perciò Didi tornò a casa dopo un anno. Era il '59.
Lento all' addio come molti fuoriclasse feriti dalla nostalgia, smise e riprese varie volte fino alla nuova carriera di allenatore che lo avrebbe portato a River Plate, Fenerbahce, Fluminense, in Arabia, in Kuwait ma soprattutto in Perù: con quella nazionale nel '70 arrivò ai quarti del mondiale, dove lo eliminò il suo Brasile.
Nelle fotografie, chissà perché, ha quasi sempre lo sguardo triste, e osservando bene ci sono altri come lui, strano accadesse nella squadra più allegra di ogni tempo. Nel '50 segnò il primo gol all'inaugurazione del Maracanà, una leggenda dentro l' altra.
Didi era interno di centrocampo, smistava il gioco e calciava le punizioni in quel modo suo, contrario a ogni legge fisica. Palleggiatore squisito, era il campione più essenziale di un meraviglioso gruppo di artisti. Dal suo piede ex malato non partivano ghirigori ma tagli, lanci, intuizioni. Era colui che sta alle spalle del genio e gli dice vai, adesso fai tu, e questo richiede forse qualcosa in più dell' arte. Richiede consapevolezza, e controllo.
Didi dava logica alla bellezza".
[da Maurizio Crosetti, Il calcio come la musica. La Seleçao piange Didi, 'La Repubblica', 13 maggio 2001]