Das Unheimliche



"Fin dalla prima pagina si contempla la gloriosa figurina di Mario Corso. Ve lo ricordate: è alto un metro e settanta circa, ha le spalle spioventi e il suo addome tende a dilatarsi in moto inappropriato per un calciatore. Come attestano le gazzette e come fedelmente trasmette la vox populi, ha ricevuto in dono da Dio un piede solo, il sinistro. Il destro gli serve per bellezza. Fra i suoi compagni nell'Inter, Sandrino Mazzola personifica lo stile e la nostalgia, il mulatto Jair la velocità e il tiro, Peiró l'"hidalguía" e la rapace astuzia ispanica, Luisito Suarez il lancio "da quaranta metri" e cioè l'intelligenza strategica sposata a una definitiva precisione balistica: Corso invece è l'estraneo, l'indefinibile, l'alieno. "Das Unheimliche", direbbe con esoterico sussiego e tanto per ammutolirvi un freudiano tendenza Lacan. Il terzino avversario che se lo vede davanti prima del calcio d'inizio mette a verbale con sufficienza un tipo stempiato, la personificazione del non atleta: vocetta smorta, occhio assonnato. Mai l'apparenza è stata così ingannatrice: dal suo stato di pigro dormiveglia, Corso è in grado di estrarre guizzi serpigni, invenzioni capaci di tramutarsi in incubi per qualsiasi difesa (...) il primo violino che suona una melodia tutta sua mentre l'orchestra segue disciplinatamente lo spartito".

Edmondo Berselli, Il più mancino dei tiri