In un tragico incidente d'auto, la sera del 15 ottobre 1967 moriva Gigi Meroni, ala destra del Torino, grande promessa del nostro football. Era un idolo, è diventato una leggenda. Riproponiamo qui il necrologio pubblicato da Enzo Biagi sulla prima pagina de La Stampa, due giorni dopo.
Enzo Biagi, La breve storia di un ragazzo (La Stampa, 17 ottobre 1967)
Meroni Luigi è magro, non forte, con un gran testone; "un demonio", dice il cappellano. Non sta mai fermo, neppure durante le funzioni. Non gli piace studiare, e non sogna nemmeno la gloria sportiva. Non vuol diventare un ingegnere, o un campione. Gli basta far quello che gli piace. Nel "San Bartolomeo", è già qualcuno. Ha i suoi ammiratori. Per loro è «Gigi», il più bravo di tutti. Il più simpatico, anche: accetta i calci degli avversari, le ramanzine del priore, i fischi e gli applausi dei tifosi, come uno scherzo. Sembra che passi attraverso i guai con leggerezza. Sa che cos'è il dolore. Ha perso il padre che aveva tre anni, la madre lavora, il fratello studia da ragioniere, la sorella è impiegata; conosce i sacrifici, le malinconiche ristrettezze del decoro piccolo-borghese.
Si è accorto che, buttandosi sul pallone, può farsi un nome. Come Sivori, magari. E' poco più di un adolescente, quando comincia la carriera: diventa Gigi Meroni, quel matto di Gigi Meroni, per gli sportivi del Como, poi per quelli del Genoa, poi per quelli del Torino. Lo chiamano anche "Calimero", che è un pulcino patetico dei cartoni animati, un pulcino nero, maltrattato da tutti i pulcini bianchi. "Calimero" è bistrattato dalle difese, ma non si lamenta, corre sempre avanti, lo scherzo continua.
Le sue imprese esaltano gli stadi, i suoi atteggiamenti provocano le critiche dei benpensanti, e anche l'ironia dei giornali. Un po' troppo estroso, ecco, anche nel vestire, anche nell'acconciarsi: giacche strampalate, barba e capelli lunghi, baffi, occhiali spropositati; non ha proprio nulla dell'atleta tradizionale. E' diventato un personaggio clamoroso. Dicono: "Il calciatore yé-yé"; "il campioncino beat".
Gigi ascolta, ma non si scompone; spiega ad un cronista: "Amo più di ogni altra cosa la mia libertà". Dipinge, vive in una mansarda. "La pittura è il mio vero lavoro", confessa. Non gli importa molto del tripudio domenicale, né dei giudizi severi degli allenatori. Ha un suo programma per il futuro. "Quando smetterò questo mestiere", dice, "dipingerò cravatte".
Ha i modi del dandy aggiornato, che apprezza le invenzioni di Carnaby Street, ma le sue abitudini sono quelle del giovanottello provinciale: fuma poco, non beve, passa le serate ad ascoltare dischi, o a leggere.
E' un timido che, per vincersi, esagera. Anche quando sceglie la fidanzata, rivela la sua natura sentimentale, la tendenza al romanzo. Vuol essere un protagonista. Lei si chiama Cristiana, viene da lontano, dalla Polonia, è molto bella, è una reginetta del Luna Park. La conosce durante una serata nebbiosa, al tiro a bersaglio. Decide di farne sua moglie. Quel matto di Gigi non cerca l'avventura; è da poco che ha lasciato l'oratorio. Quando va per la strada lo fotografano, lo intervistano, pubblicano il suo guardaroba, quello che pensa della vita, dell'amore, del successo: "Passa in fretta", dice. Meroni Luigi, poi Gigi Meroni, poi "Calimero", poi "signor mezzo miliardo", che è la cifra che offrono per fargli cambiare casacca, mezzo miliardo per avere quel tipo lì, con baffi da samurai, barba alla Fidel, altezza 1,72, peso chilogrammi 67.
Ma Gigi piace, la gente ammira la sua fantasia, quel suo carattere testardo, quel gettarsi di continuo nella mischia, con le calze penzoloni, la chioma scomposta, così fragile che pare non debba resistere agli urti, alla lotta, ma lui passa sempre, leggero, sorridente, allegro, è tutto uno scherzo, i soldi che gli danno, quegli urli, quel rincorrersi per raggiungere la palla che rotola in fondo.
La storia del ragazzo che voleva diventare qualcuno si conclude in un modo troppo triste, troppo banale, troppo ingiusto. Gigi Meroni, "Calimero", "signor mezzo miliardo", meritava un altro finale, che rispettasse la parte che lui si era scritta, per uscir fuori dallo stuolo delle comparse, per far vedere a sua madre, ai professori e a quelli della parrocchia, che anche un bimbetto gracile e un po' discolo può trovare il suo posto. Un incidente, uno stupido e cattivo incidente, ha rotto l'incanto; lo scherzo, stavolta, è stato troppo breve. Il campione Gigi Meroni se ne è andato; un carro funebre riporta al paese Meroni Luigi, classe 1943, giovanotto timido che avrebbe voluto sparire dalla scena senza dare nell'occhio, piano piano.