Anzolèn
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Centravanti stilisticamente più dotati di lui si distinguevano in campionato ma nessuno vantava il suo coraggio. Proprio in virtù di quello, Vittorio Pozzo decise di retrocedere a interno destro il fuoriclasse Peppino Meazza e di affidare a Schiavio ormai ventinovenne la guida dell' attacco. Schiavio lo ripagò segnando il clamoroso gol della vittoria nella finale mondiale del 1934. Gli diede palla Guaita, passato a sostituire lui, che era stremato. Anzolèn caricò il destro mettendovi anche l' anima sua: partì un bolide che mortificò Planicka infilandosi nell'angolo alto alla sua destra. Per l' emozione, Anzolèn perdette i sensi.
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Giocò molti anni ad alto livello tecnico, prese parte all'Olimpiade 1928 (Amsterdam) e ai mondiali 1934. Chiuse la carriera partecipando con il suo Bologna al memorabile torneo parigino dell'Expo 1937. Anzolèn soffrì molto il distacco dal suo sport preferito ma seppe virilmente tenere per sé quei sentimenti non lieti. Si dedicò con lena al commercio che era stato di suo padre e prese parte come consigliere tecnico alla vita del trionfante Bologna. Nel dopoguerra fece anche parte della Commissione Tecnica per la squadra nazionale, senza peraltro atteggiarsi a mago. Era di natura cordiale e buona, più da bolognese che da brianzolo come voleva il suo nome. Il calcio italiano gli deve la riconoscenza che si meritano i grandi campioni.
(Gianni Brera, Quel gol a Planicka, "La Repubblica", 18 settembre 1990)
(Gianni Brera, Quel gol a Planicka, "La Repubblica", 18 settembre 1990)